(inciso: avrei potuto titolare questo post le geodetiche sulla neve son curve ben strane, ma m’è parso un po’ troppo nerdosamente criptico, e pure autoreferenzialmente).
A proposito di metà di vite, ma di anniversari più allegri, esattamente 14 anni fa appendevo gli sci al chiodo per convertirmi alla tavola, come all’epoca l’accademia della crusca chiamava lo snowboard.
Si era al pian del Frais, il mibabbo, suo cuggino, i miei cuggini (cioè; per distinguere le generazioni). Cominciò a nevicare a livello di tormenta, ad ogni giro era caduta tanta neve fresca in pista da non poter distinguere le tracce lasciate al giro precedente, e ad ogni giro una decina di sciatori si arrendeva, finché gli impianti lavorarono solo per noi cinque. Io ero dotato di un asse da stiro corto e rigido, ma realizzai lo stesso che ci si poteva divertire un fracco (come non dice l’accademia della crusca) e che la sensazione doveva essere qualcosa di simile al volare. (Per inciso, questa illuminazione, insieme al fatto che all’epoca avevo i capelli, sarebbe poi stata una delle due circostanze che mi portarono a conoscere sul treno la fidanzatastorica, ma questa, come dice ancora oggi l’accademia della crusca, è un’altra storia).
14 anni dopo -nel frattempo gli impianti hanno chiuso- uscendo a notte fonda dal lavoro m’è preso il ghiribizzo di dire al sottocapo ti comunico ufficiosamente che domani non starò bene: suo sorriso sincero, si prendono le ciaspole e si va. Prima volta con racchette da neve, ce n’è un’altezza variabile da sopra le ginocchia a sopra la vita: lezione autodidatta di nuoto in salita.
Tanti incontri, ed è sempre bello constatare come la montagna trasformi sempre le persone in meglio: chi in fondovalle si sarebbe tranquillamente e molto opportuno-piemontesemente ignorato, qui si riconosce come compagno, e non è cortesia di facciata ma condivisione delle fatiche, della gioia e degli sforzi. Quattro ore e mezza di salita per dodici minuti di discesa, ma in neve powder e vergine come non se ne vedeva. Salita che fortifica lo spirito e tartassa il ginocchio infortunato, devo ringraziare il Fantasma dei Natali Passati per la foto, i Fantasmi del Natale Presente per aver lasciato tracce consistenti salendo con le pelli di foca, e i Fantasmi del Natale Futuro che mi hanno indicato dove erano state battute ‘ste benedette tracce, ché si sale con molta meno fatica dove son passti altri: senza di loro non sarei arrivato in cima. D’ora in avanti prometto (sommessamente) che non inveirò più contro gli scialpinisti che sfregiano il fuoripista ai surfer… sapevo che se nel delicato equilibrio degli ecosistemi hanno un ruolo fondamentale persino le mosche, anche loro dovevano pur essere d’una qualche utilità. Certo che se l’avessero detto subito che c’era l’usanza di salire lato scoiattolo e faciaça anziché lato “uno” come ho fatto io, avrei evitato di sfacchinare fino all’intermedia…
Si era al pian del Frais, il mibabbo, suo cuggino, i miei cuggini (cioè; per distinguere le generazioni). Cominciò a nevicare a livello di tormenta, ad ogni giro era caduta tanta neve fresca in pista da non poter distinguere le tracce lasciate al giro precedente, e ad ogni giro una decina di sciatori si arrendeva, finché gli impianti lavorarono solo per noi cinque. Io ero dotato di un asse da stiro corto e rigido, ma realizzai lo stesso che ci si poteva divertire un fracco (come non dice l’accademia della crusca) e che la sensazione doveva essere qualcosa di simile al volare. (Per inciso, questa illuminazione, insieme al fatto che all’epoca avevo i capelli, sarebbe poi stata una delle due circostanze che mi portarono a conoscere sul treno la fidanzatastorica, ma questa, come dice ancora oggi l’accademia della crusca, è un’altra storia).
14 anni dopo -nel frattempo gli impianti hanno chiuso- uscendo a notte fonda dal lavoro m’è preso il ghiribizzo di dire al sottocapo ti comunico ufficiosamente che domani non starò bene: suo sorriso sincero, si prendono le ciaspole e si va. Prima volta con racchette da neve, ce n’è un’altezza variabile da sopra le ginocchia a sopra la vita: lezione autodidatta di nuoto in salita.
Tanti incontri, ed è sempre bello constatare come la montagna trasformi sempre le persone in meglio: chi in fondovalle si sarebbe tranquillamente e molto opportuno-piemontesemente ignorato, qui si riconosce come compagno, e non è cortesia di facciata ma condivisione delle fatiche, della gioia e degli sforzi. Quattro ore e mezza di salita per dodici minuti di discesa, ma in neve powder e vergine come non se ne vedeva. Salita che fortifica lo spirito e tartassa il ginocchio infortunato, devo ringraziare il Fantasma dei Natali Passati per la foto, i Fantasmi del Natale Presente per aver lasciato tracce consistenti salendo con le pelli di foca, e i Fantasmi del Natale Futuro che mi hanno indicato dove erano state battute ‘ste benedette tracce, ché si sale con molta meno fatica dove son passti altri: senza di loro non sarei arrivato in cima. D’ora in avanti prometto (sommessamente) che non inveirò più contro gli scialpinisti che sfregiano il fuoripista ai surfer… sapevo che se nel delicato equilibrio degli ecosistemi hanno un ruolo fondamentale persino le mosche, anche loro dovevano pur essere d’una qualche utilità. Certo che se l’avessero detto subito che c’era l’usanza di salire lato scoiattolo e faciaça anziché lato “uno” come ho fatto io, avrei evitato di sfacchinare fino all’intermedia…
Per chi non sa orientarsi :D ma mi sa che nn mi sono orientato nemmeno io con le ics
Intermedia
Il rifugio è abitato...
Son salito per questo...