per l’AmichEma, per tutti gli amanti dei gatti, ma soprattutto come suo ricordo
La "mia" prima gatta è stata una trovatella. Era stata abbandonata sul finire dell'estate sul muretto di casa, con un piattino di latte e con la cucciola appena partorita. La cucciola non aveva ancora imparato la prudenza ed uscì allo scoperto nel prato. La mamma rimase nascosta nella siepe per una settimana buona, e non so cosa possa aver provato nel rimanere bloccata dalla paura e intanto vedere la cucciola andarsene.
Fatto sta che io ero piccolo, per i miei (giustamente) troppo piccolo per prendermi io la responsabilità di accudire una gattina. Avevamo già un gatto nel cortile (che mi ricordo avevo visto nascere nel fienile dei nonni), e per la cucciola trovammo una famiglia adottiva.
Alla fine della settimana, una sera, scesi in cantina e -credo senza alcun motivo apparente- entrai nel locale caldaia, che comunicava con l'esterno tramite un finestrotto. Chicca (come l'avremmo poi ribattezzata, con notevole fantasia, dal nome che il veterinario usò con lei, come usava con tutte) era entrata per trovare un riparo.
Cinicamente, direi che lo sfinimento aveva preso il sopravvento sulla paura, e si lasciò avvicinare senza togliermi gli occhi di dosso ma senza tentare un movimento. Ma mi piace pensare che abbia capito che poteva fidarsi, e che aveva trovato un amico.
Io di certo avevo trovato un'amica. La coccolai un po', poi andai a chiamare mia madre. Che prima non ci credeva, poi quando la vide mi disse di stare indietro per non spaventarla, ma io risposi "non scappa", e la presi. Mentre la carezzavo si avvicinò anche mia madre, e ci accorgemmo che aveva l'occhio sinistro semichiuso: si era ferita leggermente, probabilmente con una spiga.
Il giorno dopo la portammo dal veterinario, che la curò in dieci minuti. E Chicca non se ne andò più (ché i miei non ebbero cuore di farmi dire addio a due gatti in dieci giorni, o forse le famiglie adottive di fiducia cominciavano a scarseggiare).
Visse una vita serena, e direi che riuscì a godersela pur vedendone di tutti i colori. Aveva una caldaia su cui scaldarsi d'inverno, pasti caldi garantiti, tre paia di ginocchia su cui accoccolarsi all'occasione, prati, vigne, alberi e cespugli quando aveva voglia di starsene sola o cacciare.
Secondo la ben comprovata teoria che il simile attira il simile, era una testa di cavolo come tutti in famiglia, facilmente irritabile e irascibile, ma ti veniva a cercare quando eri malato, e amava dormire in mezzo ai libri.
Alla fine dell'estate successiva mangiava zampa a zampa con il Micio e con la cagnetta Nebbia, e quando questi se ne andarono e vennero altri gatti e altre cagnette (tutti tassativamente trovatelli) li trattò con schizzinosa condiscendenza. Quando il cane dei vicini si avvicinava al confine, saltava sul muretto e lo faceva scappare, spaventandolo protetta dalla rete. Una volta la trovammo con una coscia aperta, probabilmente aveva pensato di farsi un sonnellino mentre falciavano un prato: camminò per una settimana avvolta in bende come una mummia, perdendo l'equilibrio a causa della fasciatura un passo si e uno pure. Un'altra volta scomparve per una settimana, e ritornò con l'aria di "mbeh, che avete da guardare, sarò libera di farmi un giro?". E tutte le volte che tornavamo dalle ferie, ci veniva incontro per salutarci, e poi metteva il broncio che eravamo stati via.
Se n'è andata qualche anno fa, poco prima di compiere vent'anni; dopo un paio di giorni che mangiava a stento, ha miagolato dalla cuccia in cucina e abbiamo appena fatto in tempo a salutarla, ma c'eravamo tutti. Adesso riposa in un angolino riparato dell'orto, accanto alla siepe sotto cui si era nascosta e sotto un cespuglio di lavanda.
La "mia" prima gatta è stata una trovatella. Era stata abbandonata sul finire dell'estate sul muretto di casa, con un piattino di latte e con la cucciola appena partorita. La cucciola non aveva ancora imparato la prudenza ed uscì allo scoperto nel prato. La mamma rimase nascosta nella siepe per una settimana buona, e non so cosa possa aver provato nel rimanere bloccata dalla paura e intanto vedere la cucciola andarsene.
Fatto sta che io ero piccolo, per i miei (giustamente) troppo piccolo per prendermi io la responsabilità di accudire una gattina. Avevamo già un gatto nel cortile (che mi ricordo avevo visto nascere nel fienile dei nonni), e per la cucciola trovammo una famiglia adottiva.
Alla fine della settimana, una sera, scesi in cantina e -credo senza alcun motivo apparente- entrai nel locale caldaia, che comunicava con l'esterno tramite un finestrotto. Chicca (come l'avremmo poi ribattezzata, con notevole fantasia, dal nome che il veterinario usò con lei, come usava con tutte) era entrata per trovare un riparo.
Cinicamente, direi che lo sfinimento aveva preso il sopravvento sulla paura, e si lasciò avvicinare senza togliermi gli occhi di dosso ma senza tentare un movimento. Ma mi piace pensare che abbia capito che poteva fidarsi, e che aveva trovato un amico.
Io di certo avevo trovato un'amica. La coccolai un po', poi andai a chiamare mia madre. Che prima non ci credeva, poi quando la vide mi disse di stare indietro per non spaventarla, ma io risposi "non scappa", e la presi. Mentre la carezzavo si avvicinò anche mia madre, e ci accorgemmo che aveva l'occhio sinistro semichiuso: si era ferita leggermente, probabilmente con una spiga.
Il giorno dopo la portammo dal veterinario, che la curò in dieci minuti. E Chicca non se ne andò più (ché i miei non ebbero cuore di farmi dire addio a due gatti in dieci giorni, o forse le famiglie adottive di fiducia cominciavano a scarseggiare).
Visse una vita serena, e direi che riuscì a godersela pur vedendone di tutti i colori. Aveva una caldaia su cui scaldarsi d'inverno, pasti caldi garantiti, tre paia di ginocchia su cui accoccolarsi all'occasione, prati, vigne, alberi e cespugli quando aveva voglia di starsene sola o cacciare.
Secondo la ben comprovata teoria che il simile attira il simile, era una testa di cavolo come tutti in famiglia, facilmente irritabile e irascibile, ma ti veniva a cercare quando eri malato, e amava dormire in mezzo ai libri.
Alla fine dell'estate successiva mangiava zampa a zampa con il Micio e con la cagnetta Nebbia, e quando questi se ne andarono e vennero altri gatti e altre cagnette (tutti tassativamente trovatelli) li trattò con schizzinosa condiscendenza. Quando il cane dei vicini si avvicinava al confine, saltava sul muretto e lo faceva scappare, spaventandolo protetta dalla rete. Una volta la trovammo con una coscia aperta, probabilmente aveva pensato di farsi un sonnellino mentre falciavano un prato: camminò per una settimana avvolta in bende come una mummia, perdendo l'equilibrio a causa della fasciatura un passo si e uno pure. Un'altra volta scomparve per una settimana, e ritornò con l'aria di "mbeh, che avete da guardare, sarò libera di farmi un giro?". E tutte le volte che tornavamo dalle ferie, ci veniva incontro per salutarci, e poi metteva il broncio che eravamo stati via.
Se n'è andata qualche anno fa, poco prima di compiere vent'anni; dopo un paio di giorni che mangiava a stento, ha miagolato dalla cuccia in cucina e abbiamo appena fatto in tempo a salutarla, ma c'eravamo tutti. Adesso riposa in un angolino riparato dell'orto, accanto alla siepe sotto cui si era nascosta e sotto un cespuglio di lavanda.
2 commenti:
Anche io, quando ero piccola, avevo un gatto siamese. Si chiamava Cheese.
Oggi vado a vedere come sta Capitan Harlock, a pannesi. Ma ho pensato che sarebbe bellissimo se lo tenessi tu, libero di girare per i prati.
Sarebbe un compromesso perfetto.
Anch'io ho avuto il piacere qualche volta di coccolare Chicca. Quella sì che era una gatta. E ricordo anche di quanto era gelosa della piccola Biba, new entry in famiglia, specialmente quando Giorgio se la teneva in braccio.
e ho sentito Enrico proprio 5 minuti dopo che la micia aveva già raggiunto "il Paradiso dei Gatti", come mi raccontavano quando ero bambina!
ciao Chicca, da un anno lì con te c'è anche la mia Torry..
Posta un commento