Lentamente, molto lentamente, sto consumando la materia che mi circonda. Devo mangiare per muovermi, consumare per vivere, per crescere. Lo sento che cresco. Mangia. Mangia. Mangia. (...)
Tutto questo masticare e biascicare, fornisce una prova più sicura che esisto del pensiero. Questo è l'unico modo in cui posso interagire con l'ambiente in cui vivo. (...) ma so per certo che la complessità della mia anima non si avvicina nemmeno vagamente all'elementarità del mio organismo corporeo. Io questo lo so solo perché lo sento, lo sento nella mia essenza a cui devo credere tanto quanto a qualunque limitato dato sensibile che acquisisco dall'ambiente circostante. E allora come posso chiamarmi? Bene, il solo nome che posso darmi è Sé, per essere rigorosi in merito. Ma ci deve essere di più in tutto questo enigma al di là del mio stupendo Sé. In qualche modo concepisco la piccola fantasia di star vivendo dentro a un altro organismo. L'ambiente è un'altra creatura, un ospite, nulla di meno. Possiamo battezzarlo l'Ospite. Così il solo accarezzare questa ideuzza mi fa domandare chissà se il Mio Ospite può percepirmi, e in caso affermativo, come si sente nei miei riguardi questa grande creatura? Perché io sto qui, a pensare che quest'Ospite, grazie alla sua maggiore complessità, sia empirista; persuaso che l'intelligenza si possa inferire soltanto dal comportamento, cosa che so essere falsa. Lo so perché quello che sento nella mia anima non corrisponde alle costrizioni che la mia forma corporea mi impone.
Tutto questo masticare e biascicare, fornisce una prova più sicura che esisto del pensiero. Questo è l'unico modo in cui posso interagire con l'ambiente in cui vivo. (...) ma so per certo che la complessità della mia anima non si avvicina nemmeno vagamente all'elementarità del mio organismo corporeo. Io questo lo so solo perché lo sento, lo sento nella mia essenza a cui devo credere tanto quanto a qualunque limitato dato sensibile che acquisisco dall'ambiente circostante. E allora come posso chiamarmi? Bene, il solo nome che posso darmi è Sé, per essere rigorosi in merito. Ma ci deve essere di più in tutto questo enigma al di là del mio stupendo Sé. In qualche modo concepisco la piccola fantasia di star vivendo dentro a un altro organismo. L'ambiente è un'altra creatura, un ospite, nulla di meno. Possiamo battezzarlo l'Ospite. Così il solo accarezzare questa ideuzza mi fa domandare chissà se il Mio Ospite può percepirmi, e in caso affermativo, come si sente nei miei riguardi questa grande creatura? Perché io sto qui, a pensare che quest'Ospite, grazie alla sua maggiore complessità, sia empirista; persuaso che l'intelligenza si possa inferire soltanto dal comportamento, cosa che so essere falsa. Lo so perché quello che sento nella mia anima non corrisponde alle costrizioni che la mia forma corporea mi impone.
Riflessioni di un verme solitario
ne Il Lercio, Irvine Welsh
ne Il Lercio, Irvine Welsh